A british car to beat the world – Pt.2

Riprendendo la storia della Austin Metro, dicevamo che nel 1990 venne presentata la sua erede a marchio Rover. Il gruppo iniziò già nel 1984 a lavorare sul progetto AR6, che si concluse nel 1986, dopo svariati prototipi e ad un passo dal lancio, in un nulla di fatto. La scelta di cancellare il nuovo modello fu imposta da Graham Day, uomo di fiducia di Margaret Thatcher, chiamato a ristrutturare il gruppo Rover con pugno di ferro e tagli, per portare una volta rimesso in piedi, quest’ultimo alla vendita. 

I progettisti della Rover, dovettero quindi, ripartire da zero e l’unica base di partenza disponibile era quella della non più giovane Metro, la quale fu modificata tenendo conto della quasi totale assenza di finanziamenti. Il progetto, chiamato R6, riuscì a risultare, nonostante tutto, assai migliore della vettura da cui derivava. Venne allungato il passo e furono introdotti i nuovi motori serie K, il cui sviluppo terminò poco prima del lancio della vettura e, fu uno dei pochi graziati da Day, nella sua folle riduzione dei costi. Per quanto riguarda la trasmissione era di origine francese, della PSA e, sempre a livello meccanico, l’ipotesi di adottare lo schema MacPherson fu accantonata, a favore di una rivisitazione  delle sospensioni Hydragas, già presenti sulla Metro.

La finitura della carrozzeria fu migliorata, escludendo definitivamente uno dei problemi dell’antenata, ovvero la ruggine. Il frontale fu ridisegnato, risultando 12 cm più lungo del vecchio modello e anche il passo aumentò, questo anche per fare spazio ai nuovi motori. Anche il posteriore fu aggiornato con nuovo paraurti e gruppi ottici ridisegnati, mentre il porta targa fu inserito nel portellone. Il resto rimase fedele al 1980 e, proprio quest’ultimo punto, spaventava i tecnici della Rover poiché, nonostante fosse visibilmente, ma soprattutto sostanzialmente diversa dalla Metro a marchio Austin, manteneva comunque una indiscussa somiglianza stilistica con l’antenata e, poteva apparire alla clientela come un semplice restyling, facendo cadere nell’oblio le migliorie meccaniche. Anche la plancia e gli interni, ricevettero alcune modifiche, ma rimasero sostanzialmente quelli della Metro MKII.

A livello di brand, dato che Austin era stato dismesso nel 1987, fu scelto Rover, cosa che fin da subito suscitò delle perplessità, in quanto il marchio della nave vichinga era sempre stato abbinato a berline di lusso e non a citycar. Sempre quell’anno, la Rover passò alla British Aerospace e, i progettisti ne approfittarono per proporre alla nuova proprietà un ulteriore progetto, denominato R6X, alternativo alla Metro, quindi più moderno, ma, sfortunatamente anche quest’ultima si rifiutò di investire in un progetto definito troppo costoso. La nuova piccola Rover entrò in produzione nel 1990, adottando la sigla 100 abbinata alla cilindrata (111, 114) per tutti i mercati, ad eccezione della patria dove venne mantenuto il nome Metro.  

Nel 1994 arrivò l’inedita versione cabrio e, nel 1995,  l’ultimo aggiornamento estetico, che riguardò principalmente il frontale con nuovi fari, paraurti e cofano, inoltre, fu adottata la sigla 100 anche in patria, pensionando definitivamente la denominazione Metro. A livello di sicurezza venne introdotto l’airbag lato guida, come optional, e le barre anti intrusione nelle portiere. Queste migliorie purtroppo non bastarono alla 100, per evitare il disastroso crash test EuroNcap del 1997, che ad oggi, la posiziona tra le vetture meno sicure, con votazione di 1 stella su 5. La piccola Rover risultò insufficiente su tutti i punti di vista, la scocca cedette completamente all’impatto ma, d’altronde, il progetto originario era di metà anni 70 e, benché nel 1980 la Metro risultasse una vettura sicura, dopo 17 anni le auto presentavano standard più elevati, contro cui quest’ultima non poteva competere.

I vertici della Rover, allora passata di proprietà a Bmw, sperarono che la notizia del risultato non trapelasse; purtroppo non fu così, infatti i media parlarono del catastrofico risultato dell’auto, costringendo la casa a toglierla di produzione il 23 Dicembre 1997. La dirigenza sostenne che, il motivo dell’uscita, fosse dovuto al fatto che quest’ultima aveva raggiunto la fine del proprio ciclo di vita ma, in molti sono convinti che, fu per evitare un tracollo di vendite annunciato. Così dopo oltre un milione di esemplari in quasi venti anni la Metro/100 si ritirò dalle scene, portando con se l’ultimo ricordo della Leyland e della disastrosa gestione dell’industria automobilistica inglese, messa in ginocchio da scelte commerciali, ma anche politiche, sbagliate. La Mini invece continuò il suo ciclo produttivo fino al 4 Ottobre 2000, quando, dopo 41 anni e oltre 5 milioni di esemplari costruiti, lasciò il testimone alla MINI made in Bmw. 

Il crash test della Rover 100 è stato riproposto nel 2017, in occasione dei 20 anni di EuroNcap, dove un esemplare è stato confrontato con la Honda Jazz di ultima generazione. Il filmato sottolinea l’evoluzione della sicurezza delle autovetture negli ultimi venti anni, peccato che la 100 era, come già detto, basata già allora su un progetto di oltre venti anni e, per fare un paragone corretto, sarebbe stato più obbiettivo, scegliendo quest’ultima come paragone, se si fosse parlato di quaranta anni innovazione sulla sicurezza.

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