C’era tanta voglia di riscatto nel progetto R40, il primo dopo l’acquisizione della casa inglese da parte della tedesca BMW e, in molti vedevano questa unione come la fine dei problemi, per quel che restava del più grande gruppo automobilistico britannico, la British Leyand. La Rover era l’ultimo marchio superstite e voleva ritornare, con l’aiuto del nuovo proprietario, ad essere un punto di riferimento nel settore delle auto di prestigio, come lo era stata un tempo, quando dalle linee di produzione uscivano mostri sacri del calibro dei modelli P5 e P6. L’azienda era già da tempo a lavoro sull’erede delle non più nuove 600 e 800, nate dalla collaborazione con la giapponese Honda e, l’arrivo della casa bavarese portò una ventata di investimenti che consentì ai tecnici inglesi, dopo molto tempo, di portare avanti un lavoro senza guardare costantemente ai costi.
Fin qui la storia sembrava aver preso la piega giusta, tuttavia durante lo sviluppo della nuova piattaforma, iniziarono le prime divergenze tra la compagnia inglese e quella tedesca, già a cominciare dalle sospensioni posteriori, dove BMW cercava di imporre il suo schema Z-Axle, montato per la prima volta sul modello Z1, mentre Rover non era dello stesso parere e, man mano che la 75 prendeva forma, si evidenziarono sempre di più due modi di concepire l’auto diversi tra loro, ai quali, di conseguenza, si aggiunsero dibattiti e conflitti interni che contribuirono a creare scontento da entrambi i fronti.
Riguardo allo schema meccanico della nuova vettura è doveroso soffermarsi su una piccola curiosità: nonostante il generoso tunnel centrale presente all’interno dell’abitacolo, che solitamente viene adottato per l’albero di trasmissione su auto a trazione posteriore, la Seventy-Five era invece a trazione anteriore, pertanto quest’ultimo aveva semplicemente il compito di irrigidire la struttura per garantire la migliore sicurezza ai suoi occupanti in caso di incidente; tuttavia la presenza di quest’ultimo scatenò la stampa portando all’infondata ipotesi che la berlina inglese fosse stata sviluppata su un pianale BMW riciclato, cosa per altro poco probabile visto che per trasformare un pianale a trazione posteriore in uno a trazione anteriore si sarebbero raggiunti costi estremamente elevati.
Per ciò che concerne lo stile della nuova berlina, curato dal designer Richard Woolley, questo era un mix tra retrò e moderno. Nel complesso la linea risultava ben proporzionata ed armoniosa, così come gli interni, dove pelle e legni pregiati, creavano un ambiente moderno e classico allo stesso tempo, confortevole e di qualità. Le dimensioni la facevano collocare a metà strada tra la BMW serie 3 e la serie 5, in modo così da evitare conflitti interni tra le due case.
Inizialmente la produzione partì nello stabilimento di Cowley, per poi essere trasferita nel 2000, a Longbridge; tale spostamento avvenne a seguito della vendita e lo smembramento del gruppo Rover, che vide il marchio Land Rover entrare nella galassia Ford, quello della Mini rimanere di proprietà BMW ed i marchi MG e Rover, creare il nuovo omonimo gruppo guidato dal Consorzio Phoenix. Contestualmente al doloroso divorzio tra le due case (BMW e ROVER) venne lanciata la versione familiare della 75, più lunga di 45 centimetri, caratterizzata da un voluminoso bagagliaio e da un interessante portellone che dava due differenti modalità di accesso: aprendolo completamente oppure, in caso di poco spazio, attraverso il lunotto in vetro. Come la berlina anche la versione Tourer era spinta dal 4 cilindri Serie K da 1.800 CC da 115 CV e da due V6 2.000 CC con potenze di 150 CV e 177 CV a benzina e, da un turbodiesel BMW da 1.951 CC e 115 CV.
Nel 2001 a causa di scarse risorse e di un’immagine ormai compromessa i tecnici della MG Rover non potevano sviluppare nuovi modelli, pertanto si tentò di aumentare le vendite ampliando l’offerta del gruppo verso il marchio MG, nacquero così le nuove versioni sportive della gamma Rover, tra cui le inedite MG ZT e ZT-Tourer, le quali non erano altro che Rover 75 riviste nello stile, più sportivo ed accattivante e, nella guidabilità, grazie anche all’adozione di motorizzazioni più potenti: 2.500 CC V6 e 193 Cv a benzina e 2.000 CC Diesel da 136 CV.
Nel tentativo di ringiovanire la gamma ormai datata, nel 2004 per il centenario del marchio Rover, l’intera gamma comprensiva anche delle versioni MG, fu interessata da un restyling e, a cambiare furono sopratutto gruppi ottici anteriori, paraurti e altri dettagli interni. Nel 2005, poco prima del fallimento dell’azienda, fu realizzata una versione V8 4.600 CC, con propulsore di derivazione Ford e trazione posteriore; per l’occasione, venne proprio sfruttato il tunnel centrale che tanto aveva fatto parlare di sé, per accogliere l’albero di trasmissione necessario a scaricare sulle ruote posteriori tutti i suoi 260 CV. La 75 V8, proposta anche con marchio MG, può essere considerata l’ultimo saluto del costruttore al mondo dell’auto.
Poco dopo il fallimento i diritti del marchio Rover furono rilevati dalla Ford, che già deteneva Land Rover e Jaguar. In seguito il marchio americano vendette tutto al colosso indiano Tata, che detiene tutt’oggi la proprietà. Ben diverso il destino del marchio MG, che fu rilevato dalla cinese Nanjing Automobile, assorbita in seguito dalla Saic Motors, la quale rimise in produzione in Cina sotto il nome di MG 7 la defunta 75, e a cui affiancò in contemporanea, una versione chiamata 750 e commercializzata sotto il neonato, all’epoca, marchio Roewe, che si ispirava nella grafica e nella forma dello stemma Rover, ma dal quale non poteva ereditare la storia e l’eleganza, che lo hanno reso celebre nei suoi 100 anni di attività.
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Egregio sig. Lai complimenti per le sue pagine web, che segnalerò ai membri SMVC Sezione Ticino, club che ho l’onore di presiedere. Spero di poter contribuire a promuovere i nostri beni culturali e il rispetto per la loro – e nostra – storia.
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Buonasera Sig. Bernasconi,
sono molto onorato e la ringrazio vivamente per avermi scritto! Attraverso questo sito web cerco di raccogliere la storia di marchi che ad oggi non esistono più, per mantenerne viva la memoria e per fare in modo che le innovazioni e i contesti in cui essi hanno operato, non vadano perduti, poiché, come ha detto anche Lei, sono la nostra storia. La ringrazio inoltre per promuovere il mio sito attraverso il vostro Club, del quale le faccio i miei complimenti. Colgo inoltro l’occasione per AugurarLe Buon Natale e Buone Feste!
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