Rancho: il crossover

Avevamo già parlato più volte in passato della Simca e, in particolare, ci eravamo soffermati sul modello 1100, vettura di medie dimensioni prodotta dal 1967 al 1985, anche in versione da lavoro con carrozzeria furgone e pick up.  Proprio quest’ultima variante, venne utilizzata da Matra per sviluppare un nuovo prodotto da inserire nella gamma, che all’epoca comprendeva la Bagheera, il cui successo aveva spinto la casa di Romorantin a continuare la sua espansione. Questa volta però non si trattava di un modello sportivo, bensì di un auto pratica, adatta al tempo libero, dallo spirito sbarazzino e dall’aria Off Road.

In quel periodo, infatti, si stava assistendo sempre più all’aumento della domanda di vetture fuoristrada e, Jean-Luc Lagardère, allora direttore della casa, commissionò a Philippe Guédon il progetto di un’auto in grado di rispondere al meglio alla forte espansione di questo segmento e, con l’aiuto di Antonis Volanis, già designer della Bagheera, realizzò una vettura innovativa, che nonostante fosse progettata con un budget ristretto, riuscì comunque a ritagliarsi un suo spazio e ad ottenere anche un successo oltre le aspettative.

Il Rancho, che per il mercato italiano adottava il nome Ranch, nonostante la presenza di protezioni in plastica nera, che circondavano e proteggevano tutta la carrozzeria e, dalla zona posteriore completamente ridisegnata, dotata di portellone sdoppiato e realizzata in poliestere rinforzato come da tradizione Matra, lasciava comunque intendere una stretta parentela con la Simca 1100 VF2. In fondo non poteva essere che così, dato che a Romorantin, arrivavano le versioni Pick Up della compatta di casa Simca già assemblate, alle quali gli operai Matra, aggiungevano, oltre a finiture specifiche e dettagli, i rinforzi alla struttura, abbinati ad inediti cerchi in lega e, montavano sopra il cassone, l’abitacolo posteriore ed il divanetto che, proprio perché appoggiato sul pianale, era più alto rispetto ai sedili anteriori. Anche la linea del tetto tra la parte posteriore e la cabina del guidatore presentava uno scalino, camuffato con un pratico portapacchi in plastica. Inoltre, a rimarcare la stretta parentela con il veicolo commerciale, erano le sole due porte di accesso anteriori, che rappresentavano una limitazione per un’auto indirizzata verso le famiglie.

Nonostante questo, la Rancho, rappresentava ancora una volta, lo spirito innovatore di Matra, infatti sapeva distinguersi, era maneggevole e più compatta delle “rivali”, certo non era un vero e proprio fuoristrada poiché la trazione era sulle sole ruote anteriori e, questo era l’unico vero neo del modello, ma ciò comunque non le impedì di ottenere consensi e, di essere considerata come il primo esempio di vettura crossover, che anni dopo sarebbe diventata una tipologia di auto estremamente richiesta, che tutt’oggi popola le nostre strade. Riguardo la meccanica, come già detto, la base era quella della 1100 VF2,  dotata di sospensioni indipendenti con barra di torsione anteriore e posteriore, sempre al posteriore vi era anche la barra antirollio, mentre per quanto riguarda il propulsore, alla Matra decisero di optare per il motore della Simca 1308 GT da 1442 CC con 80 CV, sufficienti a garantire buone prestazioni alla Rancho, anche se i consumi erano abbastanza elevati, ma questo era anche da attribuire ad un’aerodinamica non proprio da primato!

Sebbene Matra, avesse previsto una produzione in piccola serie per la Rancho, essa presentava una gamma ben articolata, che prevedeva una versione semplificata d’accesso, a cui seguiva la Gran Raid, dall’aria più fuoristrada, infatti era dotata di verricello elettrico, differenziale a slittamento limitato e fari supplementari posizionati ai montanti del parabrezza, a cui seguiva la Rancho X più ricercata nei dettagli, ed infine, la versione Découvrable, dotata di capote, che poteva essere quindi rimossa lasciando l’abitacolo posteriore scoperto. Esisteva inoltre, ma solo per il mercato francese ed inglese, il Rancho AS, versione con soli due posti, omologabile come autocarro per risparmiare sulle tasse. La Rancho venne commercializzata inizialmente come Matra-Simca e, in seguito, con l’acquisizione della divisione Chrysler Europe da parte di PSA e della successiva dismissione del marchio Simca, sostituito dallo storico Talbot, come Talbot-Matra.

A seguito del cambio di proprietà la produzione della vettura non venne intaccata e andò avanti fino al 1984, totalizzando oltre 50.000 unità vendute. Piccola curiosità, nel 1980 la Matra avviò il progetto P18, che avrebbe dovuto sostituire la Rancho ma, quest’ultimo venne scartato dai vertici di PSA poiché non avevano sufficienti finanziamenti da dedicare ad un’auto così innovativa, quindi i rapporti tra Matra ed il gruppo cominciarono a sfaldarsi, soprattutto dopo che la casa di Romorantin trovò un valido alleato nella Renault. L’accordo, prevedeva però, lo stop da parte di Matra della produzione della sua sportiva, la Murena, lanciata nel 1980 come sostituta della Bagheera, che rappresentava una concorrente all’Alpine di proprietà Renault. Dopo lo stop, nel 1984, della Murena, la Matra si preparò a terminare anche la produzione del Rancho, per allestire e concentrarsi sul progetto P18, dal quale nacque quello che può essere considerato il primo MPV europeo, il Renault Espace, ma questa è un’altra storia.

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3 risposte a "Rancho: il crossover"

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  1. La mia prima auto, usatissima, dell 82, l aveva presa mio padre negli anni 90, la usai da neopatentato dal 96 al 98,vecchia ma affidabilissima, mai un problema.
    Ti portava ovunque, dentro e fuori strada, con lasua scocca in vetroresina, il baule enorme che con gli amici, una volta aperto, usavamo come tavolino per le scampagnate.
    Quanti meravigliosi ricordi!

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    1. 🙂 Complimenti, era una vettura semplice e molto affidabile! Era anche molto pratica, insomma un mix di caratteristiche che oggi si sono perdute 🙂 Per fortuna ci sono i bei ricordi che queste auto ci hanno lasciato 🙂

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